I disobbedienti

Li chiameremo i disobbedienti. Stanno fuori la porta solo perché lo hanno scelto. Sono scrittori che hanno smesso di pubblicare e detta oggi sembra persino la più sciocca delle provocazioni, oggi che non esiste un pudico discrimine tra uno status (essere scrittore) e un’azione (dare alle stampe). Erano dei fuoriclasse.

Babsi Jones. Al secolo Barbara Ferrari, classe 1968, milanese. Sparita. In rete  orbita ancora un suo lontano manifesto in cui dichiarava: “Sono Babsi Jones, ho vissuto in uno squat londinese e bevo Becherovka”. Esordì con Rizzoli, nel 2007, con il romanzo “Sappiano le mie parole di sangue”,  grondava slavismo.

babsi-jones romanzo

Il romanzo di Babsi

Babsi fu inghiottita dalla poetica di Kusturica.  Il suo linguaggio era potente e anomalo.  Molto amata dallo scrittore Giuseppe Genna e dal collettivo dei Wu Ming1 che la introduce nel genere del New Italian Epic.  Babsi doveva restare e invece se n’è andata.  E’ gente che ha scelto, no, grazie, quando i paria dell’editoria se li contendevano o quando il metodo non funzionava più e si era venduto a qualche altro idolo.

 

 

 

Il disobbediente Giuseppe Casa, siciliano di Licata che vive a Milano, classe ’63, ha realizzato che “gli editori vogliono solo cose edificanti, anche quelli piccoli, minutissimi, incazzati e anarchici, vogliono fare soldi”, ha mandato al diavolo il tabernacolo in cui aveva sigillato la sua autorialità, l’apprendistato nelle officine sperimentali – riviste che servivano da scouting come Maltese Narrazioni di Marco Drago, Pulp, Il paradiso degli orchi – gli esordi con Massimo Canalini di Transeuropa ( nel ’98 con “Veronica dal vivo”), la Tondelliana, le grandi case, Rizzoli, Mondadori. Poi l’ultimo romanzo, nel 2013, “Metamorph”, per Foschi.

Giuseppe Casa

Giuseppe Casa

Passato inosservato, era una ballata psicotica, il tributo acido alla sua guerra personale: iperboli attraverso cui raccontare le ceneri fumanti del mondo moderno. Ma Giuseppe Casa, come Babsi Jones, dice: sorry, io vado. E lo fa. “Non voglio essere accomodante con gli editori. – dice – Che poi, scrivere, dovrebbe essere “scomodante”, fare alzare i lettori dalla poltrona. Buttarli giù a terra a forza di calci in culo”.

 

 

E c’è lei: “Io ho deciso che tutti quelli che mi sono stati vicini finché speravano nella mia fica sono morti. Questo è il cimitero dove voglio compatirli.” Era Silvia Magi.

Silvia Magi libro

L’unico volume pubblicato da Silvia Magi

Risaliamo a Silvia grazie allo scrittore Marco Drago. Marchigiana, classe 1971. Stesso apprendistato di Giuseppe Casa, con Canalini di Transeuropa. Drago ne parla così: “Erano gli anni del dopo-Jack Frusciante. Silvia scriveva delle brevi prose oniriche dal sapore di crudeltà infantile, psicofarmaci e immaginario mitteleuropeo”. Uscì con Rizzoli, nel 2002, con l’unico volume “Tutto quello che mi sta a cuore”. “Benedetta Centovalli riuscì a spuntarla su Paolo Repetti di Stile Libero. Purtroppo il libro non ha mai avuto un seguito”, riferisce Marco Drago. La Magi vive all’estero, ha lavorato per anni a Vogue, non vuole saperne di pubblicare ancora.

 

 

I disobbedienti possono decidere di restare, ma a modo loro. Giulio Mozzi era un autore di culto, nei primi anni Novanta. Esordì nel 1993 con una raccolta di otto racconti, “Questo è il giardino”, pubblicati  con Theoria.

Giulio Mozzi 1

Giulio Mozzi

L’attenzione intorno a questo autore di Camisano Vicentino  fu altissima fino agli anni della Gioventù Cannibale. Pubblicò per Einaudi: “La felicità terrena”,  “Fantasmi e fughe”, “Fiction” nel 2001. E proprio dal 2001 e fino al 2009 sopraggiunse il silenzio. Non per lui e per i lettori delle neonate piattaforme del web. Era una scelta prossima al no grazie di Magi o di Casa. Non era un rifiuto, era soltanto uno spostamento di piani. Giulio Mozzi prese a indagare la rete. Dalla rete ingenerò il suo ritorno in libreria con “Sono l’ultimo a scendere” (Mondadori, 2009), la somma di  racconti iperrealisti pubblicati sul suo blog, Vibrisse. Mozzi è diventato uno dei più lungimiranti talent scout d’Italia, oggi consulente per Marsilio. Dice: “Godo di una meravigliosa libertà, pubblicare cose non necessariamente destinate a finire dentro i libri”. Ma che poi però ci finiscono lo stesso.

C’è quindi la storia di quel professore di Filosofia che pubblica un solo romanzo, “Ad avere occhi per vedere”, nel 2002. Si chiama Leonardo Pica Ciamarra, di lui ci racconta Gilda Policastro, poetessa e scrittrice, che lo scopre nelle edizioni di Minimum Fax, con cui Ciamarra ha pubblicato anche un racconto per un’antologia, due anni dopo. Leonardo Pica Ciamarra romanzo“Come le meteore di una trasmissione televisiva di qualche anno fa, Pica Ciamarra dopo queste due prove sicuramente incoraggianti (ottimo piazzamento al Calvino, stampa entusiasta e una candidatura allo Strega) pare essersi  definitivamente eclissato dalla scrittura” osserva Gilda. Sparito.

 

 

 

 

 

I disobbedienti sono cavalli bizzarri o veri e propri outsider. Matteo Galiazzo era il più promettente degli ex Cannibali. Uscito dall’epica nera dell’antologia einaudiana. matteo galiazzo romanzoL’ultimo romanzo, “Il mondo è posteggiato in discesa”, porta la data del 2002.  Non c’è altro, fatta eccezione per il volume pubblicato nel 2012,  editato da Indiana, dal titolo  “Sinapsi” o opere postume di un autore in vita. Fu una specie di accanimento terapeutico considerato che Matteo Galiazzo si è tirato fuori dal giro. Prometteva più degli altri, più di Ammaniti, di Scarpa, di Brizzi. Perché mollare tutto?

 

 

 

 

L’originale è uscito sulle pagine de Il Fatto Quotidiano edizione 2 giugno 2016 (“Disobbedienti. Quelli che…la scrittura mai più”)