di Giuseppina Borghese
Nella lettera che hai pubblicato sul tuo blog (www.veronicatomassini.wordpress.com), a Michela Murgia imputi una leggerezza verbale. Chiariamo la tua posizione sulla questione.
Mi ha offeso l’aggettivo usato per calare in una categoria un certo genere di donna, androgina magrissima (il riferimento era la copertina di Marie Claire di novembre, nda). L’aggettivo usato era: disgustosa. Michela Murgia si opponeva a quell’idea “disgustosa” di donna (dunque una categoria), in un post pubblico, e più o meno alla lettera. Per chi lavora con le parole, con un seguito di lettori considerevole come la Murgia, una tale leggerezza nella comunicazione, nella scelta della definizione, non dico sia imperdonabile, ma è senz’altro offensiva. Avrebbe offeso nel qual caso una parte della popolazione femminile che rientra in quell’idea “disgustosa”. La sua veemenza, con intenzioni nobili per carità, doveva dirottarsi al limite su un’idea di “estetica”, un immaginario, un paesaggio (la scelta esistenzialista, quasi gotica, da foglie d’autunno, ok discutibile), non su un’idea di donna. Un veterofemminismo al contrario, se vogliamo. Uno Slut shaming da pasionaria accecata da una trave nell’occhio, giacché non si è accorta che è caduta in una trappola prossima al peggiore sessismo.
Cos’è per te il disgusto?
E’ una chiusura, senz’altro una chiusura. Il fallimento di quel senso degli altri intimo che chiamiamo empatia. Il disgusto è un pregiudizio, anche. E il pregiudizio conta i passi della paura.
Ad un certo punto della tua vita, hai deciso di smettere di mangiare. Perché?
Ero una ragazza, il pretesto fu un forte stress dovuto agli esami di maturità, studiavo molto. Ma la ragione era un’altra. La ragione è un fattore ics, è un’assenza. Non lo so perché fondamentalmente; fondamentalmente dopo un po’ nella regola si torna a mangiare. Una ragazzini può pure tentare di imitare i limiti della moda (perché sono limiti), ma quelle che non hanno il fattore ics non ci restano, in definitiva vivono, tornano a mangiare. Le anoressiche no. Non imitano le modelle, a me non fregava un accidenti del modello estetico, io se devo dirla tutta sognavo di avere delle tette enormi. Vivevo malissimo, stavo con un tizio che si faceva di eroina. Eppure non basta a spiegare. Ho perso dieci in chili in un mese e poi giù, fino ai 41-42 chili. Avevo sempre freddo e stavo male. Il prolasso dell’intestino e altre cose. Soffrivo dunque anche fisicamente, non solo moralmente. La moda non c’entra un accidenti. E’ una grossa balla.
magrezza?
Cos’è la fame?
E’ la vita che si arrampica sulle tue scarne membra. Il bisogno primitivo che ti ricorda di stare al mondo. Ed è pauroso accorgersi che bisogna starci, in un modo o nell’altro. Non ti puoi arrendere. Forse le anoressiche si arrendono, ma il loro corpo no, marcia per fatti suoi, cede qua e là.
Esiste un fenomeno che si colloca in una posizione diametralmente opposta all’anoressia, ma oggettivamente sembra essere un’altra faccia della stessa medaglia. Parlo dell’invasione – sulle riviste e in tv – di fondoschiena e seni ipertrofici su gambe tornite e vitini stringati. Le chiamano “curvy”, un vero e proprio prodotto dell’industria dello spettacolo e si presentano come una sorta di riconciliazione col corpo della donna. Kim Kardashian è uno dei vessilli di questa finta pacificazione estetico/sociologica. Qual è la tua opinione al riguardo
Sono icone fasulle ovvio. Immagini che sono funzionali a un’idea appunto (da maquillage stavolta), sono una scenografia, sono una provocazione. Non conciliano nessuno, al limite demarcano il grande inganno: lo standard. Specie se riferito a una creatura umana. La normalità, ancora peggio. La misura giusta. Usa l’aggettivo “giusto” e ingeneri disperazione, è un fatto. Cercatemi la donna giusta, per favore. E anche l’uomo, sarò felice di darvi ragione.
La cattiveria delle donne che combattono le donne. Anche in virtù di un affrancamento della donna nella società maschilista. C’è tanta letteratura e cinematografia al riguardo. Da scrittrice, dovendone dare un’immagine, come la descriveresti
Non ho mai amato le corporazioni, lo ammetto. Non capisco molte cose del femminismo. Mi piacerebbe pensarmi parte di una sorellanza universale. Non è così. Siamo in guerra. Per affrancarci, diventare più stronze degli uomini quando lo sono? Può darsi. Le donne cattive con le donne: l’unica cosa che mi viene in mente adesso è Meryl Streep ne Il diavolo veste Prada.
C’è stato un momento nella tua vita in cui ti sei sentita nuda?
Tutte le volte che ho presentato il mio romanzo d’esordio (Sangue di cane, nda), perché la donna di quel romanzo non aveva pudore: amava e basta, senza guardarsi mai allo specchio. Senza pensarsi un corpo o perlomeno senza pensarsi un corpo che non fosse stretto a quello del suo infelicissimo disperatissimo amato.
Cosa diresti, oggi, a Martha Wiggers (la donna copertina di Marie Claire di novembre, nda)?
Le direi: sei così bella, spero che almeno tu sia felice.
L’articolo originale potete leggerlo qui:
http://lereticosumarte.com/2015/11/11/must-have-autunno-2015-deretani-ipertrofici-su-sane-taglie-38-classico-intramontabile-la-noia-intervista-a-veronica-tomassini/
You must be logged in to post a comment.