Non servirà a molto spiegare, tentare di spiegare l’intenzione dell’articolo su Igor. Lo faccio comunque. Molti di quelli che stanno commentando ancora, troveranno senz’altro e ancora la malafede e un motivo in più per ricoprirmi di insulti. Ad ogni modo provo a spiegare. Non era un contributo storico, non era un saggio sui Balcani, sulle identità di un’area geografica ampia, complessa, piena di contraddizioni. Ho soltanto lavorato sull’immaginario, restituendo la ricchezza di uno spirito che vi appartiene e proviene da lì, da quei luoghi che, prima di essere geopolitici, sono letterari, per me. Il mio articolo non vi inchiodava alla crudeltà tout court (questa è una comunicazione sbagliata, perniciosa, in malafede, passata con l’accusa di Fulvio Grimaldi, in prima istanza, quando mi ha definito razzista, ha parlato alla vostra pancia, vi ha aizzato irresponsabilmente contro di me). Non è così, non sono razzista, antislava, antibalcanica. E’ l’esatto contrario. Lo spirito che vi accomuna di quei luoghi, distinti per vicende storiche, dolorose e di conflitti, è uno spirito di eccezionalità, nel bene e nel male. La grande letteratura, il cinema d’autore, la musica, viene da lì, la nostra cultura occidentale impigrita, ripiegata su stessa, vi deve tutto, l’irruenza, il genio, la passione, il dolore antico, una nostalgia intraducibile, la vostra peculiarità. Ero convinta che questo messaggio fosse passato comunque, anche perché tutto quel che scrivo è una celebrazione del vostro spirito antico, l’anima comune che vi appartiene, malgrado i confini su cui avete lasciato lutti, memorie, privazioni. Dicevo di Igor (allora ancora era il serbo per tutti), lo pensavo così, calato in questa verosimiglianza, tanto da farmi affermare: persino nella crudeltà siete peculiari, la vostra capacità di sopravvivere a lutti immani affiora persino nella crudeltà. E questo è genetico, questo intendevo per gene. Il vostro ammirabile superomismo. Persino nella crudeltà. E “persino” è il confine tra bene e male. Perché è lì che la comunicazione si è inceppata, in questo termine usato “gene“. Dostoevskij ha reso personaggi indimenticabili, corrotti nel male, ma capaci di restituire il sommo altissimo significato della pietas. E la pietas è il vostro carattere, la nostalgia che vi contraddistingue. Il realismo russo era un modo per raccontare la speciale eco che governa il vostro destino. Non procedo per confini, non sono in grado, non ho gli strumenti. Ho riferito del cinema di Kusturica, per intendere una poetica del dolore che mi sembra molto prossima al destino di cui vi parlavo. Non vi commiserate, il vostro è un dolore coraggioso, non vi battete il petto con compiacimento come le nostre pie greche o siciliane o occidentali, voi andate avanti, con ardimento, con un orgoglio vostro solo vostro. Questo intendevo. E tanto vi accomuna tutti, e siccome parlavo di Igor, il pretesto era anche per dire: “Persino nel male. Persino. Siete peculiari”. Non perché noi occidentali siamo migliori. Il nostro male è pigro, non ha nessuna ragione, se non una ragione sazia, inutile. Il vostro no. Non so quanti di voi saranno in grado o disposti a capire. Ma il mio sguardo era uno sguardo di pietà, di segreta ammirazione. E non vi dico di leggere le cose che scrivo per averne conferma, non vi dico che mio figlio ha origini slave, o altro, no, perché so che i più maliziosi offenderebbero anche questa forma mia di devozione onesta e innocente. Vi hanno strumentalizzato, questa è stata la vera disonestà. Non sono sicura di essere riuscita nel mio intento. Ho provato a spiegare. Non avete capito il mio sguardo sul vostro mondo, sul vostro spirito inveterato coraggioso, nel bene e nel male, leggendario nel bene e nel male, fino a far rientrare Igor nella tradizione degli indimenticabili personaggi del realismo russo. Leggevo un bellissimo saggio sul male e Dostoevskij di Luigi Pareyson ed era una suggestione commovente che mi coglieva incantata. E ancora Kusturica e la traduzione di un dolore laconico, come lo troviamo in Cechov, restituito attraverso il riso che ha il suono del singhiozzo e che seppellisce il lettore o l’auditore o noi di qua (in Occidente) nell’amarezza e nello sconforto. Facevo riferimento a una precisa nostalgia slava (e di una parte d’Europa), che contiene tutto, molte radici. Avete scambiato il mio amore per una boutade ideologica disseminata da un ateo comunista che non ha capito molto, oppure no, peggio, ha capito strumentalizzando quello che volevo dire. Il mio sguardo era di pietà, amore, ammirazione, onestà, sgomento. E invece mi avete insultata minacciata derisa.
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